Onorevoli Colleghi! - L'articolo 34, terzo e quarto comma, della Costituzione, stabilisce che «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso».
      Nel nostro ordinamento l'individuazione del contenuto del diritto allo studio è stato inteso, in una prima fase, in un'accezione «minimale», come coincidente con la nozione di assistenza scolastica. Per tale motivo, la competenza alla erogazione delle prestazioni è stata trasferita alle regioni con il decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977. Al riguardo sono peraltro emerse rilevanti criticità. In primo luogo, manca la garanzia dei livelli essenziali, poiché le prestazioni erogate non riescono mai a coprire interamente il numero degli aventi diritto. Negli anni accademici 2000-01, 2001-02, 2002-03 e 2003-04, ad esempio, la percentuale delle borse erogate a fronte degli aventi diritto è stata sempre inferiore all'80 per cento (rispettivamente, 78, 66, 73 e 73 per cento).
      Per ovviare a tale situazione, con l'articolo 16, comma 4, della legge 2 dicembre 1991, n. 390, è stato istituito, a integrazione delle disponibilità finanziarie destinate dalle regioni e dalle province autonome all'assistenza agli studi universitari, il «Fondo statale per la concessione dei prestiti d'onore», le cui disponibilità, a seguito dell'approvazione della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è possibile destinare anche alla concessione di borse di studio. Anche tale fondo, però, si è rivelato insufficiente, per cui si impone un'integrazione

 

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in termini tali da assicurare l'erogazione delle prestazioni a tutti gli aventi diritto.
      D'altra parte, è l'idea stessa del diritto allo studio che deve essere rivista alla luce del nuovo ruolo che l'istruzione universitaria ha assunto nella «società della conoscenza» e che induce a favorire l'incremento del numero di coloro che conseguono il titolo di studio universitario. In particolare, sono essenziali al progresso del Paese interventi volti a consentire a tutti gli studenti di frequentare l'università e di terminare con successo il percorso di studi. In tale prospettiva, dunque, l'intera organizzazione degli studi universitari deve essere funzionale al pieno successo del percorso formativo.
      Peraltro, anche la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, operata con la legge costituzionale n. 3 del 2001, incide sulla materia del diritto allo studio universitario. Dal combinato disposto degli articoli 3, 34 e 117 della Costituzione, deriva che spetta allo Stato in via esclusiva la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni a beneficio degli studenti «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi», mentre le regioni, cui la materia è ora attribuita in via esclusiva, possono legiferare nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, integrando le previsioni statali anche in termini molto diversificati da regione a regione. A loro volta le università, nell'esercizio dell'autonomia loro riconosciuta dall'articolo 33, ultimo comma, della Costituzione, devono assicurare i livelli essenziali delle prestazioni, ampliandone eventualmente la portata, ferma restando la competenza del Ministero dell'università e della ricerca a potenziare, con specifici indirizzi e finanziamenti, il miglioramento del livello dei servizi stessi.
      La presente proposta di legge intende dunque dare attuazione ai predetti precetti costituzionali, seguendo l'insegnamento che la Corte costituzionale ha di recente espresso in una materia per molti versi analoga, ovvero quella dell'assistenza sanitaria. Nella sentenza n. 88 del 2003, infatti, il giudice delle leggi ha stabilito che la determinazione dei livelli essenziali spettante allo Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione deve essere effettuata attraverso un intervento di rango legislativo che operi le scelte quanto meno nelle linee generali, mentre eventuali specificazioni e articolazioni possono essere rinviate ad atti successivi adottati attraverso predeterminate procedure che coinvolgano le regioni in attuazione del principio di leale collaborazione.
      Specificatamente, l'articolo 1 della proposta di legge definisce il proprio oggetto, costituito dalla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni finalizzate ad assicurare gli strumenti per il pieno successo formativo di tutti gli studenti nell'istruzione superiore e a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l'accesso ai gradi più alti dell'istruzione superiore degli studenti capaci e meritevoli, ma privi di mezzi.
      L'articolo 2 precisa la nozione di studenti capaci e meritevoli, facendo riferimento alla durata ordinaria dei corsi delle istituzioni di istruzione superiore (università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica) e al profitto negli esami sostenuti, e quella di studenti privi di mezzi, da individuare attraverso l'indicatore della situazione economica equivalente e i criteri ulteriori di selezione dei beneficiari di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.
      L'articolo 3 definisce il contenuto delle prestazioni che garantiscono i livelli essenziali per gli studenti privi di mezzi, prevedendo l'esenzione dalle tasse e dai contributi e l'erogazione di borse di studio di importo sufficiente ad assicurare il mantenimento agli studi per la durata ordinaria dei corsi di istruzione superiore; attribuisce alle regioni e alle province autonome la competenza a erogare le borse stesse, fatta salva la possibilità di prevedere incrementi delle medesime e ulteriori interventi idonei al raggiungimento delle finalità della legge; autorizza regioni, province autonome, istituzioni di istruzione superiore (comprese nel loro ambito territoriale) e il Ministero dell'università
 

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e della ricerca a sottoscrivere accordi di programma per la realizzazione delle finalità della legge; infine, prevede che, ogni tre anni, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, sentiti la Conferenza Stato-regioni, il Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), il Consiglio universitario nazionale (CUN), il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM) e la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), siano definiti i requisiti relativi al merito e alle condizioni economiche degli studenti, gli importi minimi e il termine massimo di erogazione dei ratei delle borse di studio, il periodo minimo di concessione del beneficio e i criteri per l'attribuzione alle regioni e alle province autonome delle risorse statali allo scopo destinate.
      L'articolo 4 istituisce nello stato di previsione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il «Fondo nazionale per il diritto allo studio», facendovi confluire le risorse del «Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d'onore» di cui all'articolo 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, che viene soppresso. Si prevede altresì che tale fondo, fatta salva una quota da destinare al finanziamento degli accordi di programma di cui all'articolo 3 e delle politiche nazionali per il diritto allo studio, sia ripartito tra le autonomie territoriali secondo i criteri individuati dal decreto di cui all'articolo 3. Queste ultime, peraltro, sono tenute a presentare al Ministero ogni anno, entro il 31 gennaio, il rendiconto analitico delle risorse assegnate nell'anno precedente.
      L'articolo 5 riguarda, invece, gli interventi destinati alla generalità degli studenti, includendo in tale nozione l'attività di tutoraggio e di orientamento, l'erogazione di servizi collettivi (mense e trasporti), l'assegnazione di contributi monetari, l'orientamento al lavoro, l'assistenza sanitaria, le residenze e gli alloggi nonché i collegi universitari. Alle istituzioni di istruzione superiore è attribuita la funzione di organizzare tali servizi in modo da rendere effettivo e proficuo lo studio, in conformità agli standard fissati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca sulla base dei princìpi di parità di trattamento degli studenti, imparzialità, continuità, partecipazione, economicità, efficienza ed efficacia.
      L'articolo 6 è dedicato ai collegi universitari che, al fine di concorrere al successo formativo degli studenti, fornendo loro un ambiente favorevole all'apprendimento e alla socializzazione, possono essere accreditati dal Ministero dell'università e della ricerca allorché offrano servizi di alloggio e tutorato. L'accreditamento presso il Ministero consente ai collegi di accedere ai benefìci fiscali e ai contributi previsti dalla normativa vigente. Il medesimo articolo prevede che, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza permanente dei collegi universitari legalmente riconosciuti, siano definiti i requisiti minimi per l'accreditamento, i criteri per la valutazione dei servizi (anche formativi) resi agli studenti, le modalità (inclusa la periodicità) delle verifiche per accertare la permanenza delle condizioni per l'accreditamento e le condizioni per poter accedere ai contributi.
      L'articolo 7, infine, abroga la legge 2 dicembre 1991, n. 390.
 

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